Isola di Favignana e la sua Storia

La storia di Favignana ed in generale dell’arcipelago delle Egadi è tanto interessante quanto importante per capire appieno le caratteristiche naturalistiche e culturali di questo angolo di paradiso. 

Il periodo Paleolitico 

La storia di Favignana è molto antica, affonda le sue origini nel paleolitico superiore.  Come dimostrato dai reperti archeologici i primi insediamenti umani nell’arcipelago delle Egadi (nel 10.000 a.C.)  sono stati rinvenuti nelle grotte del Faraglione e nel pozzo nell’area di San Nicola. Qui sono stati ripostati alla luce schegge di ossidiana, frammenti di ossa lavorate, punte di frecce ed alcuni frammenti di arnesi domestici. In quel periodo, a differenza dell’isola di Marettimo, Favignana e Levanzo, non erano ancora diventate Isole ed erano collegate da uno stretto ponte di terra presente fra Cala Dogana e la zona di San Nicola.  

Dall’età ellenistica ai fenici alla prima guerra punica 

Conosciuta e amata già dai Greci venne poi abitata dai Fenici che qui si stabilirono fino al 241 A.C. quando l’esercito romano sbaragliò la flotta cartaginese con la battaglia delle Egadi alla fine della prima guerra punica. 

La maggior concentrazione delle testimonianze fenicio-puniche la troviamo in località San Nicola, dove troviamo un’intera necropoli ellenistica a loculi rettangolari ed ancora in località Calazza dove sono affiorate dagli scavi due tombe di età tardo-ellenistica.   

Dal periodo Romano fino ai giorni nostri. 

Pochi sono i reperti del periodo di dominazione romana, se non per i mosaici di origine imperaile ed un ninfeo adibito a bagno, sempre in località San nicola. Con il crollo dell’Impero Romano fu la volta dei Vandali e poi de Saraceni.  

Nel 1081 arrivarono i Normanni che sotto la guida di Ruggero d’Altavilla fortificarono l’intero territorio e costruirono il loro villaggio. Risale a questo periodo l’edificazione dei due forti: Santa Caterina e San Giacomo.Dopo i Normanni la storia di Favignana segue quella del resto della Sicilia. 

Nel 1874 l’arrivo sull’isola della famiglia Florio le donò nuovo splendore e vigore. 

I Florio potenziarono le tonnare, ma soprattutto costruirono una fabbrica all’avanguardia per la lavorazione del tonno e il suo inscatolamento. Ebbe inizio per Favignana un periodo molto ricco sia finanziariamente che culturalmente. Risale a questo periodo la bellissima Palazzina Florio costruita in stile liberty. 

In epoca borbonica prima e fascista poi Favignana venne utilizzata come luogo di confino e prigione per gli avversari politici. Sempre al periodo fascista risalgono le fortificazioni lungo la costa e le casematte, in parte ancora oggi visibili. 

Il Confino su Favignana: Storia di Esilio e Isolamento. 

Favignana, un’isola che per secoli ha funto da prigione, non solo con i suoi due castelli (uno dei quali trasformato in penitenziario), ma anche come luogo di confino. Questa pratica, conosciuta anche come domicilio coatto o colonia penale, è stata utilizzata sin dall’epoca Borbonica per isolare delinquenti e individui considerati pericolosi per la società. Impressionanti sono i dati storici: nel 1877, l’isola contava oltre 500 confinati, molti dei quali ridotti in estrema povertà e costretti a vagabondare. 

Nel 1911, in concomitanza con la guerra italo-turca e successivamente durante la Prima Guerra Mondiale, Favignana divenne il luogo di deportazione per 292 albanesi e 1.757 libici, utilizzati poi come moneta di scambio per la liberazione dei prigionieri italiani. Durante il regime fascista, un decreto del 1926 intensificò l’uso del confino, specialmente contro gli antifascisti. I confinati erano categorizzati in politici e delinquenti comuni, e tra i politici venivano inclusi anche gli omosessuali, spediti in isolamento su semplice segnalazione. 

Il confino trasformava l’intera isola in una vasta casa di reclusione, causando sofferenze non solo ai detenuti, ma anche agli abitanti locali, a causa del degrado portato dalla presenza di poveri e delinquenti. I confinati erano soggetti a regole stringenti: coprifuoco, divieto di frequentare locali pubblici, di tenere riunioni o di lasciare il paese. Dormivano in grandi dormitori chiusi a chiave di notte, con condizioni precarie e igiene minima. 

A volte, i confinati venivano impiegati come manodopera, nei campi o nelle tonnare, ma il lavoro era scarso e molti venivano lasciati a sé stessi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il soggiorno obbligato continuò su scala ridotta: negli anni ’70, arrivarono soltanto due individui. Fortunatamente, questa pratica è stata poi abolita. 

Le Casematte di Favignana: Echi della Seconda Guerra Mondiale 

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Trapani, situata nel cuore del Mediterraneo, era una delle basi italiane più importanti. Favignana, con le sue carceri e i confinati, rivestiva un ruolo strategico in questo contesto. Sull’isola furono costruite diverse casematte, piccole strutture difensive progettate per resistere ai bombardamenti e alloggiare armamenti per la difesa costiera contro gli sbarchi nemici. 

Oggi, alcune di queste casematte rimangono visibili. Una si trova nella località Colamoni nella costa sud dell’isola, parzialmente integrata in una struttura muraria lungo la strada. Altre tre possono essere osservate su Google Maps nella zona di Preveto, sul promontorio vicino alla galleria. Lungo la strada che va dal Villaggio di Punta Fanfalo a Cala Azzurra si trova un’ulteriore casamatta, e un’altra ancora sulla strada per Punta Sottile. Vi è anche una casamatta sul lato del golfo del porto opposto al paese, chiaramente visibile arrivando con l’aliscafo. 

Trapani subì pesanti bombardamenti poco dopo l’entrata in guerra dell’Italia, prima ad opera dei francesi e successivamente degli americani. Anche il porto di Favignana fu colpito nel 1943, evento che portò a diverse vittime. Queste casematte, quindi, non sono solo strutture in pietra, ma testimoni silenziosi di un periodo turbolento nella storia dell’isola e dell’Italia.