L’origine di Caltanissetta è antica, ma imprecisata.

Come tutto il territorio di quest’area siciliana subì l’influsso di Gela e di Agrigento, di recente infatti vi sono stati rinvenuti resti di capanne preistoriche, nonché tratti di mura greche e tracce di fondazioni preesistente abitato. 

Interessanti reperti archeologici delle vicine località, come quella di Subucina, testimoniano l’origine sicana della città Nella zona della Montagna felice Gebel Habib è stata rinvenuta un’epigrafe pregreca che accenna all’antica Nissa, villaggio dal cui nome derivò quello di Caltanissetta: dall’arabo Qalat-an-Nisa, cioè “Il castello delle donne”.Secondo quanto testimoniato dal geografo arabo Idrisi, sul Monte Gibil Gabel, (615 metri), è stato localizzato un vasto agglomerato urbano originato da Nissa, antico villaggio sicano; riferendosi alle donne di Nissa, da qui il temine “Qalat-an-Nisa”, cioè “Il castello delle donne” della quale è derivata l’odierna denominazione di Caltanissetta.
Dopo gli arabi, i normanni, che occuparono Nissa nel 1087, vi consacrarono la bella Abbazia di Santo Spirito Nel 1087 divenne possedimento di Ruggero I di Sicilia normanno, che la trasformò in feudo per vari membri della sua famiglia. Condivise le sorti della Sicilia e particolarmente nel periodo spagnolo durante il quale soffrì spesso la carestia. Nel 1407 passò ai Moncada di Paternò e ad essi rimase fino alla soppressione della feudalità in Sicilia, nel 1812. Quando, tre secoli dopo, Guglielmo Peralta diviene signore di Caltanixetta, inizia in Sicilia il cosiddetto “Governo dei quattro Vicari”. Il dominio dei Peralta è testimoniato dalle rovine del castello di Pietrarossa, (ancora visibili nei pressi della città anche dopo il terremoto del 1567) dove si riunirono, nel 1358, i quattro più potenti signori della Sicilia (Alagona, Ventimiglia, Peralta, Chiaramente), per decidere le sorti dell’Isola sotto il nuovo governo. 

Per favorire l’esportazione dello zolfo, i Moncada (1553) fecero costruire, sul fiume Salso, il ponte di Capodarso, la cui possente arcata è oggi ancora visibile insieme al grandioso ma incompiuto Palazzo Moncata. Tra il 1500 e il 1700 molti comuni nisseni si trasformarono, da borghi rurali quali erano, in vere e proprie città a testimonianza della crescente feudalità. All’indomani del feudalesimo (1818 circa) iniziò a prendere forma l’entità territoriale della provincia di Caltanissetta che oggi conosciamo…  

Nel 1849 una delegazione di palermitani offrì, proprio a Caltanissetta, la capitolazione della Sicilia ai borboni al termine della rivoluzione federale guidata da Ruggero Settimo.

Fanno parte della storia più recente di questa città, le sciagure minerarie che hanno provocato la morte di centinaia di uomini: sono tristemente ricordate le miniere di Trabonella, Gessolungo e Deliella.

E’ situata a 568 metri sul livello del mare su un’altura che culmina a Nord nel monte San Giuliano e che domina da destra la valle del fiume Salso.

Caltanissetta lega il suo passato all’attività delle solfatare. Quest’ultima ha reso la città il fulcro minerario in Sicilia sino ai primi decenni del secolo scorso, quando i minatori, scrive Vuillier, “maledicevano la vita e invidiavano i maiali che a fine anno erano certi di morire” ed ecco ricordare la denuncia spietata di Zola che dà, a chi legge Germinale, “un brivido di terrore”. Caltanissetta .è la seconda città per numero di abitanti, dopo Gela, dell’omonima provincia, di cui ne detiene il titolo di capoluogo. (Comune di 415,94 km2 con 61.319 abitanti, detti nisseni). 

Descrizione 

La visita al Quartiere arabo di Caltanissetta è un interessante salto nel passato della città, alla riscoperta di radici storiche e culturali della città.
Il nostro viaggio nel quartiere parte dal n° 22 di Via Medaglie d’oro, la via d’ingresso ad uno dei cortili di origine araba meglio conservati di tutto il quartiere San Domenico. Sembra quasi una piccola città nella città, grazie all’atmosfera quasi irreale e grazie alla presenza di molti elementi tipici dell’urbanistica araba. Innanzitutto, la forma triangolare – “ad albero” – del cortile a cui si accede attraverso strade molto strette, le casette basse unifamiliari con una sola apertura, la strada lastricata e scoscesa. Una struttura di questo tipo evidenzia i tratti caratteriali tipici, lasciate in eredità agli insediamenti locali dalle dominazioni arabe e cioè la stretta cura per la riservatezza e la privacy. 

Proseguendo per la via Lepre, l’antica strada lungo la quale i lebbrosi venivano scacciati dalla città, si giunge alla vista panoramica dei resti del Castello di Pietrarossa, antica fortezza araba legata alla leggenda della nascita del cannolo, dolce siciliano famoso in tutto il Mondo. Dopo un breve sosta contemplativa del castello che si staglia nella natura selvaggia della Valle dell’Imera, si continua l’itinerario risalendo per la via San Domenico. Durante il percorso si osservano i tanti “Dammusi” cioè le tipiche abitazioni arabe che hanno una conformazione quasi a grotta, a volte scavate proprio nella roccia, a 2 o 3 piani e con all’ultimo piano una sorta di soppalco ante litteram nel quale, a mezzo di una piccola scala in legno, gli abitanti si recavano a dormire, al piano sottostante dimoravano le bestie e gli attrezzi per il lavoro nei campi. 

Risalendo per i vicoli si giunge alla via San Domenico che è una strada insolita rispetto all’assetto stradale del quartiere, larga e livellata in quanto costruita sulle fondamenta delle antiche mura del borgo. Il quartiere è fortemente legato alla storia della città, testimoniando la veloce trasformazione che ha condotto il piccolo borgo rurale arabo “Kalat an Nisà” a divenire un importante centro strategico economico e militare. E con la veloce trasformazione di Caltanissetta, la via San Domenico, grazie anche alla costruzione della chiesa San Domenico per volere della Famiglia catalana dei Moncada, divenne la strada principale del Quartiere, estensione del Quartiere Angeli cresciuto all’ombra del Castello di Pietrarossa. 

La Chiesa di San Domenico è la prima chiesa eretta nel quartiere e risalente al 1400. La costruzione della quale si intreccia con la storia della città e della famiglia Moncada. Infatti, Antonio Moncada, nel 1458 per ereditare il suo titolo, dovette rinunciare all’abito talare e, pertanto, come “risarcimento” all’ordine domenicano, cui apparteneva, commissionò la costruzione della parrocchia con annesso convento. Molto interessante dal punto di vista architettonico, presenta un prospetto convesso nella parte centrale e concavo lateralmente, costruito secondo la moda del Seicento. Allo stesso periodo risale la preziosa tela, custodita all’interno della chiesa, del pittore toscano Filippo Paladini, dipinto che ritrae la Madonna del Rosario. Questa tela ha un’importante valenza storica, oltre che artistica, in quanto vi sono ritratti i figli del Conte Francesco Moncada. 

Dalla piazza antistante la chiesa di San Domenico, imboccando uno dei vicoli prospicienti si raggiunge la chiesa di San Giovanni, fondata intorno al 1100 venne completamente distrutta durante la Seconda guerra mondiale, e ricostruita immediatamente alla fine del conflitto. Presenta una sola navata nella quale trovano posto tre scomparti laterali con annessi altari, il prospetto è realizzato in pietra arenaria, dal quale spicca un asse determinato dalla sovrapposizione degli elementi portale-edicola-finestrone. L’interno della chiesa, invece, è decorato con gli affreschi del famoso Pollaci ed ospita al suo interno alcune opere presenti tra le quali: l’Immacolata, piccola statua opera del Biangardi; il San Giuseppe in legno realizzato nel XVIII secolo e un dipinto di San Giuseppe realizzato dallo stesso Pollaci, oltre che il più antico fonte battesimale della città. 

La visita al quartiere prosegue scendendo verso il Cimitero Monumentale della città e verso la Chiesa Santa Maria degli Angeli. Questa chiesa è detta la Vetere e sorge a ridosso del Castello di Pietrarossa, seconda parrocchia della città, dopo l’Abbazia di Santo Spirito. Il periodo al quale risale è quello normanno ed era l’antica chiesa madre del borgo, prima che fosse edificata l’attuale cattedrale Santa Maria La Nova. Nei secoli la chiesa ha subito molti ammodernamenti e restauri, fino al 1873, quando venne chiusa al culto, divenendo una caserma e un magazzino militare. Al momento non accessibile, perché in fase di restauro, la chiesa tornerà presto all’antico splendore, grazie al quale si potranno ammirare: il tipico impianto planimetrico normanno a singola navata, la parte esterna nella quale sono presenti preziosi elementi decorativi, oltre che la porta maggiore occidentale, costruita in pietra arenaria e che presenta un archivolto a sesto acuto in tre livelli, sostenuto da quattro colonnine cilindriche e dotate di capitelli. 

Quasi a sovrastare la chiesa S. M. degli Angeli, spiccano le due uniche torri del Castello di Pietrarossa, fortezza divenuta simbolo della città. Le origini del castello non sono certe, alcuni storici ne datano la costruzione nel IX secolo, mentre altri sostengono che fu eretto dai bizantini tra il 750 e l’800, altri ancora la attribuiscono a: sicani, romani, saraceni, ecc. Certa, invece, è l’origine del nome che si riferisce al colore dei mattoni con i quali fu eretta la fortezza, ancora parzialmente visibili. Durante il Medioevo fu un importante centro strategico militare, grazie alla posizione di dominio di tutta la Valle dell’Imera, teatro di vari avvenimenti sotto il dominio angioino, ma ancor di più durante il periodo di dominazione aragonese, tanto da essere negli anni 1295, 1361 e 1378 sede di ben tre Parlamenti generali di Sicilia, l’ultimo dei quali vide l’assemblea dei baroni siciliani riuniti per nominare i quattro vicari che dovevano governare la Sicilia (Governo dei Quattro Vicàri). Intorno alla fine del XI secolo vi fu collocata la tomba della regina Adelasia, nipote del re Ruggero il Normanno e nel 1567 una forte scossa di terremoto provocò il crollo del castello di cui rimangono i resti visibili oggi. 

Ai piedi dei ruderi del Castello di Pietrarossa scende giù per la valle il cimitero monumentale degli Angeli dove è possibile ammirare splendide cappelle gentilizia appartenenti alle antiche famiglie nobiliari della città e non solo, e dove riposano le spoglie dello scrittore nisseno Rosso di San Secondo. 

Riprendendo la via San Domenico è possibile terminare la visita nel quartiere più antico di Caltanissetta, facendo una breve visita a un paio di piccole botteghe storiche, come il laboratorio del calzolaio o la piccola bottega del barbiere che ancora oggi animano le vie del quartiere San Domenico. Inoltre, durante l’anno è possibile godere delle molte manifestazioni culturali e di svago che vengono organizzati dagli abitanti, e che oramai sono degli eventi molto attesi dagli abitanti come dai molti turisti, come il Presepe Vivente allestito tra le viuzze suggestive, l’Infiorata che si tiene nella prima decade del mese di maggio, e molti spettacoli musicali durane la stagione estiva.