La Storia di Filicudi

Filicudi è un’isola molto antica. I segni delle epoche, delle diverse popolazioni che hanno vissuto qui, sono incisi ovunque sull’isola. 

La prima zona di Filicudi ad essere abitata fu, nel Neolitico (III millennio a.C.), la Piana del Porto: quella striscia a livello del mare che collega la montagna di Capo Graziano al resto dell’isola. 

L’insediamento neolitico è cresciuto intorno ad un commercio fiorente e redditizio: la lavorazione dell’ossidiana, una pietra di origine vulcanica, nera e lucida, che veniva usata nella fabbricazione di gioielli. 

Cinque millenni fa la gente di Filicudi apparteneva dunque all’antica cultura di Diana. Di questo periodo rimangono frammenti in ceramica, conservati nel Museo Archeologico di Lipari (a Filicudi c’è un piccolo distaccamento del Museo, sul lungomare del porto). 

Per le genti di Filicudi, la situazione di prosperità dovette tuttavia cambiare in fretta, perche’ dalla piana del porto, difficilmente difendibile da attacchi via mare, gli eoliani si spostarono sulla montagna di Capo Graziano e a Montagnola, ambedue in posizioni difensive. 

L’insediamento di Capo Graziano risale al periodo protoelladico. Oggi si possono ammirare i ruderi di una trentina di case in pietra a struttura circolare, disposte a lisca di pesce. Sul punto piu’ alto di Capo Graziano campeggia infine l’antico altare sacrificale di queste genti, talmente evolute da importare ceramiche micenee. 

Ma dobbiamo attendere il 2000 a.C. perchè Filicudi diventi una sponda fondamentale del commercio miceneo. In questo periodo si sviluppa la fiorente cultura di Capo Graziano (di cui, oltre al villaggio, resta una necropoli a Montagnola), che si estende a tutte le Eolie. 

Gli avamposti di Micene si trattennero a Filicudi fino al 1430 a.C. circa. Poi le genti di Capo Graziano furono soppiantate da nuovi abitanti: la cultura milazzese. Di questa cultura abbiamo notizia grazie ai ritrovamenti, avvenuti a Panarea, di anfore con morti rannicchiati dentro. Per la cultura di Capo Graziano fu l’inizio del declino. 

Ma l’episodio che segno’ l’isola fu l’arrivo degli Ausoni, popolazioni della terra ferma di origine appenninica. I villaggi filicudari vennero distrutti e, dal XIV sec a.C., l’isola resto’ disabitata. Uno scoglio di appena 10 chilometri quadrati nel mare. 

I nuovi popoli che abitarono Filicudi arrivarono nel VI/V secolo a.C., e furono greci. Insieme alle navi arrivo’ la civiltà. I coloni cnidii ci hanno lasciato un’iscrizione funeraria ritrovata a Zucco Grande, e tracce di una straordinaria necropoli bizantina sulla dorsale del porto. 

Di epoca romana abbiamo invece diversi relitti marini con interi carichi a bordo (anch’essi visitabili) e i resti di abitazioni romane alle Punte. 

Filicudi venne dunque ripopolata. Una citazione attribuita a Plinio dice che l’isola era usata per pascolare le mandrie e il bestiame delle altre isole (“…essere stata con Filicuri adatta a mandrie del bestiame di altre isolette”). 

La storia successiva si perde nell’oblio. Filicudi fu forse abitata in periodo normanno, ma quel che è certo è lo sforzo dell’uomo lungo i secoli per addomesticare il potere selvaggio della natura. 

Decine e decine di terrazzamenti, dal livello del mare alla sommità della montagna, portano testimonianza dello sviluppo dell’agricolutura. Oggi le lenze (i terrazzamenti) sono appena visibili, quasi delle striature della terra delimitate da muri a secco. I fichi d’india, un tempo usati per delimitare i confini, si sono moltiplicati, mentre il vento caldo ha portato dall’Africa l’assenzio, che ricopre con il suo profumo esotico i fianchi dell’isola. 

Filicudi

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